Senza arbitro non c’è partita. Vince la prepotenza militare. Nemica della pace.
Il ripudio della guerra presente nella nostra Costituzione è consustanziale al rifiuto della forza come “metodo” per dirimere le controversie tra Stati.
Sostenere che “il diritto internazionale vale fino a un certo punto” fornisce copertura agli altri e a se stessi per agire d’imperio, come in democrazia non si deve fare. Per cultura e civiltà, prima ancora che per rispetto della legge.
Il governo italiano invece lo sta facendo con continue forzature che inaridiscono il confronto e fomentano insana contrapposizione. Il veleno dei reazionari contro tutto ciò che sa di umano, di universale e di comune, la pari dignità delle persone e dei popoli.
Contro il motore della storia costituito dai diritti umani, di cui sono pilastri la sicurezza e la libertà, inverate nel lavoro dignitoso.
Fanno di tutto per distogliere l’attenzione dal grande problema del lavoro e della questione salariale, strettamente connessi alla democrazia sindacale.
Il sentimento e la ragione non si staccano dalla carneficina di Gaza, nel contempo dobbiamo occuparci concretamente del carovita e del rifiuto del governo di contrastare seriamente la pirateria contrattuale che danneggia e taglieggia pesantemente le lavoratrici e i lavoratori.
Tenere insieme i problemi interni e quelli geopolitici non è facile, ma è necessario.
Secondo l’economista francese Gael Giraud, gesuita e teologo, autore del libro Costruire un mondo comune, “il protezionismo di ispirazione fascista di Donald Trump, minaccia la democrazia europea nella misura in cui vuole instaurare un imperialismo assoluto degli Stati Uniti. Il suo obiettivo è costringere gli europei a finanziare a vita il debito americano e reindustrializzare il proprio Paese”.
Allearsi politicamente con un personaggio simile significa danneggiare l’Italia, senza alcun dubbio.
La stragrande maggioranza degli italiani, sia pure in modi diversi, ha fatto sapere al governo che non accetta di essere complice di quanto di inumano succede quotidianamente a Gaza.
E non accetta che abbia supportato e continui a supportare quello israeliano anziché appoggiare la missione umanitaria e perfettamente legale di Global Sumud Flotilla, alla quale va il nostro sentito ringraziamento.
Che fine hanno fatto le barche e il carico di umanità che contenevano?
Parlano tanto di sicurezza, come se questa fosse un problema di telecamere e forze dell’ordine.
La sicurezza non è scollegabile dal fattore sociale, dalla dimensione economica, da quella civile e culturale, dal lavoro dignitoso che permette di vivere. Non si è liberi se non ci si sente sicuri, anche e soprattutto dal punto di vista economico. È la precondizione della libertà.
Le donne lo sanno meglio degli uomini, benché il problema sia chiaramente generale e richieda risposte coordinate di sistema.
Sancita dall’articolo 3 della Dichiarazione universale dei diritti umani, che afferma il diritto di ogni individuo alla “vita”, alla libertà e alla sicurezza della propria persona.
Chi riduce la sicurezza a teleallarmi e porte blindate, la svuota di contenuto e progettualità, a danno delle persone più fragili.
Chi non la affronta con la genuina consapevolezza che è parte integrante della democrazia e della libertà, commette un imperdonabile errore.
Occorre una lettura appropriata del momento storico che stiamo attraversando, sicurezza e legalità vanno rivalutati in una prospettiva di sviluppo della democrazia.
Chi, se non il governo italiano, protegge i contratti pirata, denunciati nei giorni scorsi dal Presidente della Confcommercio Sangalli, che danneggiano le imprese in regola e i lavoratori?
Forza caro Presidente, ma non faccia come il suo collega della Confindustria che alza il tiro contro l’Europa e lo abbassa nei confronti del governo Meloni quando c’è da chiedere soldi svincolati dal rispetto delle clausole sociali che fanno la differenza tra le imprese responsabili e quelle che non lo sono affatto.
Chi è consapevolmente nel campo democratico e progressista deve impegnarsi a rivalutare le parole, con argomenti robusti e coinvolgenti. Sicurezza e legalità appartengono a “noi”. Sono conquiste democratiche
Dialogo, confronto e collaborazione fanno parte della nostra civiltà, anche i “compromessi”, senza i quali è impossibile convivere e coltivare la pace.
Ma al dunque, o rimaniamo umani e costruttori di pace, lavoro buono anche quando è modesto e umile e benessere collettivo incentrato su diritti e doveri condivisi, oppure prevale il potere tossico che già si sta sperimentando nel cuore della democrazia.
Salvare vite non è una scelta politica ma un dovere umano. Sempre: in guerra, in mare nel lavoro. Chi non lo fa si deve giustificare, non chi risponde e corrisponde a questo imperativo morale. Per non tornare nel buio della storia.
Con tanta intelligenza artificiale ma povertà umana. Cade a fagiolo l’appello di oltre 200 personalità internazionali che chiedono ai governi di raggiungere un accordo entro il 2026 su cosa la IA “non deve mai fare”.
Con questa premessa: “L’IA ha un enorme potenziale per migliorare il benessere umano, ma l’attuale traiettoria di sviluppo comporta pericoli senza precedenti. Potrebbe presto superare di molto le capacità umane ed amplificare minacce come pandemie ingegnerizzate, disinformazione diffusa, manipolazione delle persone su larga scala – inclusi i minori – rischi per la sicurezza nazionale e internazionale, disoccupazione di massa e violazioni sistematiche dei diritti umani Chi ha tempo non aspetti tempo…
G.G.

Giovanni Gazzo
Author: Giovanni Gazzo

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