In questo articolo pubblicato sul “Fatto Quotidiano” si propone una riflessione sul salario minimo e sull’importanza della contrattazione collettiva che non va solo vista come “agente salariale”
Il modello italiano delle relazioni sindacali produce effetti che vanno oltre la sottoscrizione di singoli contratti.
L’abitudine a confrontarsi a questo livello consente di delegare la regolamentazione salariale e normativa a soggetti, sindacati e associazioni datoriali, che possono operare micro aggiustamenti e adeguamenti nel sistema economico.
Il problema sorge quando i contratti faticano ad essere rinnovati e si creano delle voragini temporali che l’inflazione aumenta a dismisura, e che si riflettono sul potere di acquisto dei lavoratori, come è successo per il contratto della Vigilanza e come è in corso per quelli del Terziario e del Turismo.
La parte normativa e obbligatoria dei contratti collettivi nazionali di lavoro che regolamenta ferie, permessi, welfare aziendale, malattia, assistenza sanitaria, previdenza integrativa etc. sono, fortunatamente, un ottimo ancoraggio che consente ai lavoratori di vivere rapporti di lavoro ancora dignitosi: ma quanto può reggere questa diga senza rinnovi contrattuali tempestivi?
I contratti collettivi nazionali vanno preservati. E il salario minimo potrebbe dare una svolta – Il Fatto Quotidiano
