Quanto succede a Gaza e in Ucraina, per decisione e interesse di pochi, è deplorevole.
L’Onu va in un’altra direzione, bene ha fatto l’Italia a votare a favore della Risoluzione che chiede la creazione di uno Stato di Palestina “libero da Hamas”. Non basta e non produce effetti immediati, ma indica un obiettivo e alimenta la speranza di raggiungerlo.
Rende più evidenti le responsabilità e le contraddizioni che impediscono il cessate il fuoco e la ricostruzione di un clima di pace.
Al dunque, bisogna decidere da che parte stare. Non dal punto di vista puramente formale ma per condivisione di valori e regole.
Vale per la geopolitica, vale in economia e nel lavoro, in ambito culturale e civile, a livello nazionale .
O si partecipa e si lotta per la pace, la democrazia, oppure si cade nella trappola di governi che salvano la forma ma svuotano la sostanza, come si sta tentando di fare in diversi Paesi occidentali in combutta tra di loro. Tutto si tiene.
L’Europa è a rischio. In modo particolare lo sono quei Paesi, come l’Italia, governati da forze politiche che si autodefiniscono sovraniste ma sono disposte a sacrificare gli interessi nazionali pur di non compromettere l’amicizia politica con colui che sta “governando” gli States al di fuori e contro lo stato di diritto.
Il momento storico mette tutti di fronte alle proprie responsabilità, in primo luogo le singole persone che credono nella nostra Costituzione, nella memoria del come ci si arrivò e nel perché della sua lungimiranza.
Partecipazione e spinte dal basso non sono parole e azioni inutili come tentano di farle apparire coloro che per ignavia lo sostengono.
L’assedio a chi affama e brutalizza la popolazione di Gaza, rappresenta una risposta di alto valore umano e civile: questo è l’obiettivo di Global Sumud Flotilla.
Come “i ribelli della montagna” nel biennio 43-45 lasciarono le città per lottare contro il nazifascismo, queste madri e questi padri, avvocati e medici, insegnanti e persone comuni che si sono messi in mare a rischio e pericolo della propria vita, per rispondere all’imperativo morale di fare qualcosa, rappresentano una forma di straordinaria resistenza che scuote le coscienze e alimenta la speranza.
Tanto più che suppliscono al cinico tergiversare dei politici che sentono le sirene del potere e lasciano che “il lavoro sporco” prosegua per miserabile calcolo.
Chi predica odio e pratica violenza al di fuori del diritto internazionale è di fatto fuori dalla democrazia, e si può dire anche dalla civiltà della convivenza pacifica e della cooperazione internazionale. Valori che non si misurano dal colore della pelle o dalla comune appartenenza formale alla stessa religione.
“Meglio atei che cattivi cristiani”, diceva Papa Francesco, sempre contrario alla violenza e all’”economia che uccide”. Cosa abbiamo in comune noi e l’attuale Presidente Usa?
Il decisionismo millantato come efficienza è puro inganno al servizio di chi vuole comandare anziché governare nel rispetto delle regole, anche in economia.
I cultori di questa mentalità producono guasti con “il fine giustifica i mezzi” che svalorizza il lavoro umano e mercifica il suo costo.
Nel nostro Paese non passa giorno senza morti sul lavoro. Quattro in un solo giorno, in aziende e località diverse segnalano un malessere profondo che perdura da troppo tempo.
Se l’8 settembre 2025,Yosif Gamal di 69 anni a Torino, Salvatore Sorbello di 53 a Riposto in provincia di Catania, Toure Mamadou di 48 a Monza e Daniele Cucchiaro di 47 a Roma, hanno perso tragicamente la vita nello svolgimento del loro lavoro, lo si deve alla ostinata volontà di proteggere interessi di parte che impedisce di strutturare un valido di sistema di prevenzione.
Il modo migliore per non re-agire secondo scienza e coscienza alla “guerra civile” che solo negli ultimi 10 anni ha provocato circa 12 mila morti è quello di produrre nuove leggi e decreti che servono solo a non applicare le buone norme già esistenti.
I morti sul lavoro, i loro famigliari che saranno in lutto per sempre, i lavoratori e le lavoratrici a rischio quotidiano, non hanno bisogno di un’altra finzione, dopo la fallimentare “Patente a punti”.
Il segretario generale della UIL è stato chiaro: non è solo una questione di soldi”. La CGIL è sul pezzo. La CISL continua a parlare di Patto sociale, Patto per il lavoro, partecipazione di qua e di là, ma poi la sua Segretaria Generale dichiara che “negli anni sono stati fatti passi importanti che abbiamo apprezzato” e che “la patente a crediti ha rappresentato un cambio di paradigma importante”. Non ci siamo. 
Si continua a morire “regolarmente” per effetto di una distorta gerarchia di valori, in cima alla quale non c’è la vita dei lavoratori e delle lavoratrici, ma l’ingiusto profitto.
Il giusto profitto, meglio definito come utile d’impresa, deriva da genio, bravura e misura, genera benessere, non espone a rischi e pericoli per risparmiare sulla formazione, sugli strumenti e sui tempi di esecuzione dei lavori. Se per svolgere un determinato lavoro in sicurezza servono 2 lavoratori, affidarlo solo a 1 significa esporlo al rischio.
Siamo di fronte a precise responsabilità politiche, istituzionali, imprenditoriali e “professionali” che si fanno da sponda, per disturbare il meno possibile una cultura del fare che non tutela a dovere salute e sicurezza dei lavoratori.
Cosa è successo dopo la strage di Brandizzo, del cantiere Esselunga di Firenze, dei cinque lavoratori rimasti uccisi per inalazione di gas tossici in un impianto di depurazione a Palermo, l’esplosione in una centrale idroelettrica vicino a Bologna con sette operai morti e la morte nell’Agro Pontino del bracciante agricolo Satnam che ha messo in evidenza il peggior modo possibile di fare impresa?
Serve una svolta che non s’intravede nemmeno dopo gli incontri tra CGIL CISL UIL – Confindustria e Governo – Organizzazioni Sindacali dell’8-9 settembre. 
Le soluzioni sono a portata di mano e di tecnologia.
Una proposta seria è sicuramente quella del Badge, ma bisogna vedere se diventerà realtà e quali informazioni si mettono dentro la sua memoria, se viene collegate a una centrale, la lettera di assunzione con il CCNL applicato, la formazione ricevuta, dove e da chi.
Che futuro può avere un Paese che non tutela la salute e la sicurezza delle lavoratrici e dei lavoratori, nonostante lo prevedano e prescrivono la Costituzione, lo Statuto dei diritti dei lavoratori e un Decreto legislativo 81/08 validissimo che richiedono solo di essere rispettati e applicati?
Il decisionismo è nemico della pace e del lavoro dignitoso, della democrazia e della libertà, anche sindacale.
Morire tragicamente e prematuramente, se ci riflettiamo bene, deriva dalla stessa logica di potere. Una logica di pre-dominio politico, militare ed economico che contiene al suo interno il germe della guerra.
Chiunque aspiri a un mondo di pace lavoro e benessere può fare qualcosa. Lo richiede la coscienza, lo impone la memoria, lo esige il sentimento universale che ci rende umani.
G.G.

Giovanni Gazzo
Author: Giovanni Gazzo

Giovanni Gazzo

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